La consegna del Padre Nostro

Una mattina di catechismo dedicata alla spiegazione della preghiera del “Padre nostro” quella vissuta la mattina di sabato 24 febbraio dai bambini di terza primaria. Dopo aver spiegato ciascuna delle 7 invocazioni, le catechiste si sono soffermate soprattutto sulla frase: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, grazie ad un bel racconto che conviene riportare per intero.

Un giovane era seduto da solo nell’autobus; teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino. Aveva poco più di vent’anni ed era di bell’aspetto, con un viso dai lineamenti delicati.
Una donna si sedette accanto a lui. Dopo avere scambiato qualche chiacchiera a proposito del tempo, caldo e primaverile, il giovane disse, inaspettatamente: «Sono stato in prigione per due anni. Sono uscito questa mattina e sto tornando a casa».
Le parole gli uscivano come un fiume in piena mentre le raccontava di come fosse cresciuto in una famiglia povera ma onesta e di come la sua attività criminale avesse procurato ai suoi cari vergogna e dolore. In quei due anni non aveva più avuto notizie di loro. Sapeva che i genitori erano troppo poveri per affrontare il viaggio fino al carcere dov’era detenuto e che si sentivano troppo ignoranti per scrivergli. Da parte sua, aveva smesso di spedire lettere perché non riceveva risposta.
Tre settimane prima di essere rimesso in libertà, aveva fatto un ultimo, disperato tentativo di mettersi in contatto con il padre e la madre. Aveva chiesto scusa per averli delusi, implorandone il perdono.
Dopo essere stato rilasciato, era salito su quell’autobus che lo avrebbe riportato nella sua città e che passava proprio davanti al giardino della casa dove era cresciuto e dove i suoi genitori continuavano ad abitare.
Nella sua lettera aveva scritto che avrebbe compreso le loro ragioni. Per rendere le cose più semplici, aveva chiesto loro di dargli un segnale che potesse essere visto dall’autobus. Se lo avevano perdonato e lo volevano accogliere di nuovo in casa, avrebbero legato un nastro bianco al vecchio melo in giardino. Se il segnale non ci fosse stato, lui sarebbe rimasto sull’autobus e avrebbe lasciato la città, uscendo per sempre dalla loro vita.
Mentre l’automezzo si avvicinava alla sua via, il giovane diventava sempre più nervoso, al punto di aver paura a guardare fuori del finestrino, perché era sicuro che non ci sarebbe stato nessun fiocco.
Dopo aver ascoltato la sua storia, la donna si limitò a chiedergli: «Cambia posto con me. Guarderò io fuori del finestrino».
L’autobus procedette ancora per qualche isolato e a un certo punto la donna vide l’albero. Toccò con gentilezza la spalla del giovane e, trattenendo le lacrime, mormorò: «Guarda! Guarda! Hanno coperto tutto l’albero di nastri bianchi».

Siamo più simili a bestie quando uccidiamo.
Siamo più simili a uomini quando giudichiamo.
Siamo più simili a Dio quando perdoniamo.

Due attività hanno permesso di assimilare il contenuto del racconto:
• ai bambini è stato proposto di provare a realizzare un fiocco bianco con le mani legate, per capire cosa succede quando noi siamo bloccati dal male, dal peccato che ci rende incapaci di accogliere e donare il perdono
• a questo punto le mani son state sciolte e ciascun bambino ha potuto finalmente realizzare il fiocco da appendere sull’albero spoglio preparato in salone.

Il tutto si è concluso il giorno successivo, domenica 25 febbraio, durante la celebrazione eucaristica delle 10.00 alla presenza dei genitori e della comunità parrocchiale. Dopo la consacrazione i bambini di terza primaria sono saliti sull’altare per ricevere ufficialmente il dono della preghiera cristiana riprodotta dietro una croce colorata (con le immagini di Dio Padre e del mondo) e recitare insieme il Padre nostro.

Dopo la messa non è mancato un piccolo rinfresco in oratorio a significare la gioia di chi ha sperimentato la bellezza del perdono e della preghiera.